Home page

Momenti belli

Libero

Fuori dai cassetti

Traduzioni

     

Tutta la stanza

Diario del digiuno
01/10/2006

Primo giorno
Da mezzanotte di ieri sera ho iniziato il mio digiuno di protesta. Le ragioni sono elencate qui sopra, basta leggere gli ultimi interventi nella sezione "Tutta la stanza". Sto raccogliendo i commenti di solidarietà e anche le critiche.

Stamattina niente colazione, solo un succo di fruttà e un caffè. La mia consulente ufficiale è la dottoressa Anna Felcher. Mi ha suggerito di assumere molti liquidi, in particolare tisane e tè, per espellere le tossine che l'organismo tenderà ad accumulare in seguito all'astinenza da cibo. Inoltre, potrò lavorare a un ritmo ridotto e dovrò limitare sprechi di energia e tensioni. Credo che rimarrò quasi sempre in casa. Chiunque voglia passare a salutarmi è benvenuto. Ci ritroviamo comunque qui, in via virtuale, per gli aggiornamenti.  

lunedì 2 ottobre - secondo giorno
mattina.
Un po' debole, grazie, ma bene. Sono anche andato alla posta e ho fatto quaranta minuti di fila. Adesso mi metto a scrivere una lettera ad alcuni critici che dopo dieci anni e cinque libri non si sono ancora ufficialmente accorti della mia esistenza. Per esempio quello del Corriere. Vediamo se almeno risponde...
sera. Segnali d'interesse. Chi può venga il 13 ottobre a Pisa al convegno "Libri Prohibiti". Per informazioni ecco. Ci sarò anch'io, e parleremo di libertà d'informazione.

martedì 3 ottobre - terzo giorno
mattina.Mi sveglio di ottimo umore. Ieri sera tutti hanno visto che non ho toccato cibo solido, ho solo bevuto un tè. Giancarlo Pagani, che è medico, mi telefona e mi dice che cominciano a consumarsi le proteine e entra in circolo qualcosa, ma non ricorda cosa. Alle 9.45 collegamento con Tommaso Labranca, in diretta a PlayRadio. Parliamo dei capolavori letterari di Muccino e Veltroni. Lui ce l'ha anche con la Tamaro, ma io l'ultimo romanzo della Tamaro non l'ho ancora letto. Ieri sera Pippo, giornalista, mi ha detto che rischio di farmi del male da solo. Non è l'unico a pensarla così, ma sono di più quelli che ritengono che il digiuno invece faccia bene. "Beato quel corpo che per l'anima lavora", sostiene una massima forse orientale, o forse di qualche mistico cattolico. A proposito di misticismo, leggete "Il piccolo isolazionista" di Tommaso Labranca, appunto (ed. Castelvecchi). Un inno all'estetica della periferia, alla purezza notturna delle tangenziali, al solipsismo romantico di chi va all'autolavaggio self service alle tre di notte. E anche alla Riduzione dell'Universo a Stanza, quando si scelga la solitudine rispetto all'aggregazione forzata del sabato sera metropolitano. Anch'io voglio starmene a casa, a meditare. Uscirò solo per andare dalla dr.ssa Anna Felcher, consigliera e controllora del mio digiuno.
sera. Dalla prefazione di Digiuno come rinnovamento fisico, mentale e spirituale, di J. Harold Smith (ed. Gribaudi, Torino, 1986): “Il digiuno è infatti, prima di tutto, un fatto eminentemente religioso, presente e sollecitato in tutto l’Antico e il Nuovo Testamento (…) Senza contare, infine, l’aspetto di disciplina che implica, in un mondo che si sforza d’imporsi da sé delle regole di retto comportamento, mancandogliene gli esempi da parte di chi dovrebbe darglieli”. Contorsioni sintattiche a parte, la penso anch’io così.

mercoledì 4 ottobre - quarto giorno
Dagli Atti degli Apostoli apprendo che San Paolo, subito dopo l'illuminazione sulla via di Damasco, "digiunò per tre giorni". Oggi, comunque, è San Francesco.
Ringrazio Caterina Caravaggi, del quotidiano "Libertà" di Piacenza, per avermi intervistato questa mattina. E' stata una bella chiacchierata e ho capito che là fuori ce n'è di gente che la pensa come me, per fortuna.
In "Digiunare per rinnovare la vita", di Herbert M. Shelton (ed. Paoline, Roma, 1984) leggo: "[nel digiuno] un miglioramento dell'udito e della vista è frequente quasi quanto l'acuirsi dell'olfatto. Nello stesso modo si constata spesso un miglioramento delle condizioni e dell'efficienza mentale. L'abbondanza di cibo assopisce la mente; la moderazione assicura la prontezza mentale. Un periodo di astinenza ridarà prontezza mentale a coloro le cui menti sono intorpidite dall'eccesso di cibo; sia la mente che il corpo vengono purificati dal riposo: mentale, fisico e psicologico".
Lo stomaco brontola, ma senza mandare stimoli famelici al cervello. Chiamano in molti, spengo il cellulare e mi riposo. Il critico letterario del "Corsera" non ha ancora risposto.

giovedì 5 ottobre - quinto giorno
Grazie agli amici di Daemon per avermi dato voce su Internet.
Pare che l'acidosi procuri buon umore, oltre che una patina bianca sulla lingua (ma la patina sparisce entro un giorno, dicono, speriamo resti il buon umore).
Quello che mi preoccupa è che lo Smith da pag. 97 (op. cit.) comincia a parlare incessantemente di clisteri.

venerdì 6 ottobre - sesto giorno
mattina. Mi si è sgonfiata la pancia, ai lati. Rimane ancora un po' floscia all'altezza degli addominali, ma nel complesso è molto ridotta. E la lingua sta tornando rosa. Bevo due litri di liquidi al giorno (acqua, tè, tisane). Ieri sera sono uscito brevemente e in taxi mi girava la testa e sentivo una leggera nausea, come un mal di mare (mal di taxi).
Fra i molti, mi scrive Angela, una collega: "Il digiuno fa malissimo e sono molto dispiaciuta per te. Tu patisci e il critico del Corsera ingrassa e se ne frega: che senso ha???"
Penso che ingrassare e fregarsene faccia peggio che digiunare, tutto qui.
Maria Giovanna Gatti, che ha letto i miei libri, mi fa dei complimenti molto lusinghieri e mi mette a disposizione il suo blog. È questo.
Per fortuna, quanto ai clisteri, c'è discordanza di opinioni. L'Airola dice che bisogna farli, mentre lo Shelton crede siano irritanti. Mi attengo alla scuola dello Shelton.

sabato 7 ottobre - settimo giorno
Lo Smith (op. cit.), dopo quaranta giorni di digiuno, si concede un litro e duecento di succo diviso in dieci parti, un litro di acqua minerale, una mela e una carota grattugiate, tre fette biscottate e, a piacere, sei mandorle o noci. Poco dopo, passa a cose più alte e cita la Prima Lettera ai Corinzi: "Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!" Io sto facendo del mio meglio, a parte i clisteri, ché con quelli non mi sembrerebbe del tutto di glorificare il tempio dello Spirito Santo.
Il critico del Corsera non mi ha ancora risposto, sarà malato?
In che condizioni vado, stasera, a presentare il mio libro alla biblioteca di Robecco sul Naviglio? E per giunta piove.
Ragazzi, è dura protestare. Lunedì il critico D'Orrico presenta il nuovo Faletti alla libreria Mondadori dietro casa. Quasi quasi ci vado. Ma bisognerebbe portarsi gli striscioni, altroché.
Qualcuno mi dica che la vittoria è vicina, o sbrano il primo che passa.

domenica 8 ottobre - ottavo giorno
Oggi giornata tranquilla. La gnocca tracima dappertutto, anche nell'editoria underground. Guardate qui chi mi sostiene. E anche qui.
Leggo che nell'antico Giappone un uomo poteva umiliare un nemico digiunando contro di lui.
Il critico del Corsera non mi ha ancora risposto.
E domani comincia un'altra settimana.

lunedì 9 ottobre - nono giorno
Dormito benissimo. Vari messaggi mi ricordano i prossimi incontri a Cesena (giovedì), Pisa (venerdì) e Cernusco sul Naviglio (Mi, sabato). Spero di essere in grado di trascinarmici, tantopiù che una delle organizzatrici ha la varicella. Mi scrive stamattina Tommaso Labranca: "Caro Paolo. Viste le paginone iperadulatorie presenti oggi e dedicate al nuovo tomo di Faletti dovremmmo accogliere come una Benedizione dello Snob il silenzio che copre i nostri libri". In effetti è così. Gli rispondo: "Io stasera vado alla libreria Mondadori a guardare in faccia D'Orrico. Se vuoi passare..."
Io un critico come D'Orrico, che parla bene dei suoi amici e ignora spudoratamente quelli che non sono suoi amici (senza peraltro volergli nulla di male), non l'ho mai incontrato. Forse è venuto il momento.

martedì 10 ottobre - decimo giorno
Ieri sera mi sono trascinato (è a pochi metri da casa mia) alla Mondadori di via Marghera per la presentazione dell'ultimo romanzo polpettone di Giorgio Faletti, già Vito Catozzo a "Drive In" e autore del celebre filosofico intercalare "porchilmondchecciòsottipiedi!" Lui, ha detto testualmente, "è rimasto il fagiolone che era una volta" e noi gli crediamo benissimo, soprattutto quando fa le battute sulle scoregge o la cacca dei piccioni. Affollatissima, la sala. "Il critico letterario più autorevole d'Italia", come è stato definito prima che piegasse la testina con movimento di modestia aggraziata, Antonio D'Orrico non si è certo risparmiato le citazioni, ha parlato anche di Tex Willer. Ha raccontato del suo mal di schiena. Ogni tanto, per esempio quando lo scrittore parlava di emorroidi, lui scoppiettava in una risata che finiva in un bel tono acuto, una risata tutta con la e: "eh eh eh eh eh eh!" Il pubblico però bofonchiava per i fatti suoi: loro erano lì per l'autografo di Faletti sul faldone, del critico gli importava più o meno. "Ma quanti denti che ha!" ha commentato una ragazza. Il critico ogni tanto li tirava fuori tutti, come per far vedere che lui non è un recensore col muso lungo, ma anche uno che sa stare al mondo e quello smalto se vuole può farlo scintillare sotto i riflettori, eccome. Poi diventava serio di colpo e dietro quella fronte accigliata si vedeva che rincorreva la frase giusta. Infatti all'improvviso ha detto: "Questo libro la storia è abbastanza impressionante quando lo leggi". Neanche Paul Léautaud in Francia si era mai spinto a tanto, hanno pensato alcuni.
La filosofia del libro non è chiara, tutti avevano paura di rivelare troppo, "non rivelate troppo, eh," sorrideva esausto l'editore, anche lui col ghigno paralizzato da ore. "Dicci chi è l'assassino" ha gridato uno screanzato del pubblico. Eh eh eh eh eheheeeh!!! Stridulo. Insomma, l'identità, il libro parla dell'identità. Uno che nel West trova l'identità, però è un horror, non dimentichiamolo. L'autore è andato in Arizona dei mesi, così può pronunciare "deuaildbenc", il titolo originale del "Mucchio Selvaggio"; detto così diventa "La Panca Selvaggia", ma che importa, sopra la panca la capra campa. Il titolo del cialdone non se lo ricorda bene nessuno, ma sono cinquecentopagine, attenti. E' una bella fatica, scriverne tante così, dice lo scrittore. Eh, sì, una bella fatica, fa il critico con la testa. Poi si ricorda che deve sorridere di nuovo. Ogni tanto gli viene in mente e ti spara in faccia tutta quella chiostra che sembra la luminaria della processione della Santa Croce.
Nessuna domanda del pubblico. Ma cosa volete che chiedano? Hanno le braccia cariche di volumi, paiono gli schiavi delle piramidi che portano avanti e indietro i pietroni, sono tutti sudati e alle dieci l'organizzazione dice basta, fuori di qui, andate alle casse a pagare e liberateci lo spazio, che poi tra poco chiudiamo se non vi dispiace, grazie.
Il critico è andato in terrazza a sorridere a scatti con l'editore, ma ogni tanto gli cade la faccia di lato.
La preghiera di Camillo Langone sul Foglio di oggi (martedì 10 ottobre, pagina 2) è un grido di amicizia. Ha ragione.
Domani breakfast?