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Tutta la stanza

Grazie Morbido Moccia
15/06/2006

Finalmente ho cominciato a leggerlo, questo "Tre metri sopra il cielo" di Federico Moccia. Ho anche dovuto per due ragioni. 1) Ha venduto tantissimo e i ragazzini ne parlano sulle panchine e in spiaggia. 2) Al mio libro l'editore ha allegato una fascetta che dice "Tre metri sotto terra" e come azione di marketing non c'è male, visto che un libro così bene esposto nelle vetrine, sui banconi e perfino sugli scaffali dei supermercati io non l'ho avuto mai. Quindi, grazie Moccia; ti devo leggere, ti devo proprio leggere, mollo giù piuttosto "Le Metamorfosi" di Ovidio, che ormai alla Biblioteca di Biella mi avranno sospeso dal prestito sine die, e vado alla Feltrinelli vicino a casa e prendo in mano l'edizione tascabile di "Tre metri" e comincio.
A volte mi capita di perdermi, lì, in quelle belle poltroncine polpose, e di finirmelo tutto, un libro. Poi, prima di uscire, ne compro un altro per senso di giustizia. Di Moccia ho letto fino a pagina 23, poi mi è calato una specie di abbiocco, ma non perché l'azione fosse lenta, semmai perché era troppo veloce. Era come il montaggio di "Natural Born Killer", o quei film lì. Infatti voglio vedere anche il film per capire come ce li hanno messi tutti quei personaggi, a meno di organizzarli in scene da tableau vivant, alla Greenaway.
Poi mi ha colpito il fatto che in 23 pagine l'appellativo "morbido" compare 4 volte: un collo morbido, un braccio morbido, dei fianchi morbidi, una bocca morbida. "Morbido, questo libro," ho pensato, io che una notte ho faticato a prendere sonno perché un mio amico mi aveva fatto notare che ho scritto due volte "felpato" in 236 pagine. È vero che ho anche scritto tre volte "muovevano" in sei righe, ma non è un aggettivo, e poi era un effetto voluto. Quindi, dubbio: 1) Moccia non se n'è accorto. 2) Moccia lo fa apposta perché ritiene che i suoi lettori non gradiscano un'aggettivazione troppo ampia. 3) Moccia lo usa proprio come strumento stilistico: un "morbido" ogni cinque pagine e mezza ha un benefico effetto subliminale. Un giorno o l'altro, se lo incontro, glielo chiedo.