Riproduco il testo dell'articolo che ho scritto domenica 5 giugno sul "Giornale".
In antico dialetto bellunese Cencenighe vuol dire “non c’è niente”. Cencenighe Agordino, millequattrocento anime, a ovest di Belluno e ai piedi dei 3.220 metri del Monte Civetta. Fino a metà del secolo di loro si diceva: “Scendono ad Agordo a chiedere la carità”. Sarà per questo che lo precisano subito, Luisa Manfroi e Maria Letizia Mazzarol, volontarie della locale biblioteca comunale: “Noi non chiediamo l’elemosina”. E allora chiariamola, la questione. Qui, tra le Dolomiti care a Dino Buzzati, sotto le alte crode che vegliano come sentinelle misteriose, c’è bisogno di libri. Non che manchi una biblioteca. C’è, anzi, un circuito provinciale di biblioteche che, a quanto ci risulta, funziona bene. Gabriella Faoro, dirigente del Servizio, fornisce tempestivamente i dati. Sul territorio opera una rete di biblioteche locali alle quali vengono forniti un programma di catalogazione dei nuovi acquisti, uno di consulenza per i nuovi bibliotecari e corsi di aggiornamento. A Cencenighe, che fa parte di questa rete, ci sono già 3.200 volumi, di cui 2.000 catalogati proprio grazie a un programma fornito dalla Provincia. Luisa e Maria Letizia hanno seguito il corso e adesso gestiscono questa biblioteca. In più esiste la possibilità dell’”interprestito”: ciascuno può richiedere un volume esistente in un’altra biblioteca del circuito e questo gli verrà inviato per posta entro tre o quattro giorni. Lo restituirà nello stesso modo, il tutto a spese dell’amministrazione. E allora dove sta il problema?
“I libri sono pochi, il servizio andrebbe potenziato,” spiega Letizia. “Guardi le statistiche. Siamo aperti dal 1996. In quell’anno i prestiti furono appena una settantina. Nel 2003 i prestiti sono stati 113, nel 2004 156. E’ incoraggiante, ma a noi sembrano numeri ancora bassi, insufficienti. Siamo convinti che se avessimo più libri, avremmo anche una maggiore circolazione di persone. In questi posti, soprattutto d’inverno, non ci sono distrazioni e le comunicazioni sono faticose. E poi gli studenti che hanno bisogno di certi volumi per la scuola, magari per una ricerca, non possono permettersi di aspettare ogni volta tre o quattro giorni per riceverli con l’interprestito, né possono comprarseli tutti”.
Una biblioteca più ricca sarebbe anche un luogo più piacevole per incontrarsi. Un punto di riferimento. Lo è già, a dire il vero. La biblioteca ha sede in un edificio, il Nof Filò (che vuol dire “nuovo luogo d’incontro”) dove la gente si fa viva volentieri per conferenze, feste, congressi, proiezioni di film. E allora perché non metterci anche qualche libro in più?
E’ il principio per cui l’offerta crea la domanda. Più libri, più gente che li viene a cercare. O che, trovandoli, si appassiona alla lettura. Il che vale sia per chi abita tutto l’anno qui, e con il cattivo tempo non desidera affrontare i disagi di continue trasferte a Belluno, o addirittura a Padova, e vale per i turisti che d’estate affollano l’Agordino. Un tentativo costa poco o nulla. L’amministrazione pubblica però i soldi non li stanzia volentieri. Per loro vale il principio dell’interprestito. E così ai nostri amici finora è toccato arrangiarsi.
Eppure in Italia il sistema librario-editoriale espelle fisiologicamente e ogni giorno una gran quantità di volumi in eccesso. Libri che finiscono al macero o, nelle migliori delle ipotesi, sulle bancarelle dell’usato. L’appello è di dirottarne quanti più possibile a questa biblioteca periferica, per sostenere l’esperimento. E’ un appello rivolto ai privati e agli editori, grandi e piccoli. La biblioteca di Cencenighe è aperta tutte le mattine dalle 10.00 alle 12.00, chiusa il mercoledì e la domenica. Il numero di telefono è 0437-591549. E-mail: bib.cence@libero.it. E chissà che non si finisca a contraddire l’etimologia di quel nome, che non rende giustizia agli abitanti.
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