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Non sarà la Terra
27/10/2011

Immaginatevi di mettere a confronto il peggior sistema capitalistico e il peggior sistema sovietico. Chi ne esce peggio? A questa ambiziosa domanda cerca di rispondere lo scrittore messicano Jorge Volpi, già autore del romanzo In cerca di Klingsor (2000) un thriller a sfondo scientifico ambientato intorno alla gara per la messa a punto della prima bomba atomica. La sua più recente opera narrativa è uscita in Italia circa un anno fa e è passata, chissà perché, quasi sotto silenzio.
S’intitola Non sarà la Terra (Mondadori, pp. 532, euro 22, traduzione di Bruno Arpaia). I principali personaggi sono una mezza dozzina. La vicenda ha inizio con una descrizione affilata e raccapricciante del disastro di Cernobyl, il 27 aprile 1986. Da quel momento in poi, sullo sfondo della storia mondiale, si muovono i destini dei protagonisti, raccontati da un unico narratore a mano a mano che convergono gli uni verso gli altri. Il libro è diviso in tre atti, tre periodi storici, tre cicli, se vogliamo. Il primo va dal 1929 al 1985. Da una parte abbiamo l’Unione Sovietica che si consolida come un mostro statale dominato dalla testa impazzita di Stalin e poi dall’ottusa brutalità degli apparatcik. Dall’altra gli Stati Uniti con il crollo di Wall Street e della fiducia nella mano invisibile del mercato, e poi il boom economico.
Arcadij Ivanovic Granin è un brillante medico ricercatore. Sposa Irina Nikolaevna Sudaeva, microbiologa. Hanno una figlia, Oksana. Lui diventa un dissidente, passa anni terribili di prigionia e torture. Sarà poi fra i leader del nuovo corso, che comprende l’atto secondo (1985-1991) e il terzo (1991-2000). Contemporaneamente due sorelle, Jennifer e Allison Moore, figlie di un potente senatore americano, crescono in modo molto diverso. La prima fa carriera ai vertici del Fondo monetario internazionale, la seconda è sbandata e in balia di deliranti entusiasmi per le cause perse. Jennifer sposa anche un avido carrierista, Jack Wells (simbolo del capitalismo più cialtrone).
Poi abbiamo E’va Halàsz, esule ungherese, genio dell’informatica e mangiatrice di uomini. E il narratore, un giornalista e scrittore che si trova all’ergastolo: Jurij Michailovic Cernisevskij. Intreccio alquanto complicato, e non diremo di più, se non che quello che davvero appassiona di questa lunga opera sono i riferimenti alla realtà storica.
Volpi ha lavorato molto di ricerca, forse anche troppo, e alcune sezioni sembrano una rielaborazione in chiave narrativa di intere voci di Wikipedia, ma dove il suo intento riesce è nel ricostruire le atmosfere e lo spirito di ciascuna fase della curva geopolitica.
L’Urss, con Cernobyl, dimostrò di essere un sistema al capolinea. Che tuttavia teneva congelate alcune centinaia di milioni di persone, in balia degli intrighi e delle volontà capricciose del Cremlino: “La ricchezza nell’Unione Sovietica consisteva nello sfuggire alla disgrazia”. Poi tutto si sfasciò, Gorbaciov si occupò della transizione e Boris Eltsin si mise alla testa dei nuovi oligarchi. Nel frattempo, l’America cresceva, spinta dalla sete di guadagno e di sfruttamento delle risorse mondiali.
Sappiamo com’è andata. Ma allora torniamo alla domanda iniziale: da che parte era una fortuna essere nati? L’intento di Volpi è chiaro. Fa di tutto per dimostrare che, in fondo, il segreto dell’animo umano potrebbe essere qualcosa di molto meccanico e addirittura decifrabile una volta ottenuta la mappatura del genoma. Come se tutto fosse scritto nei nostri cromosomi. Una visione freddamente meccanicistica.
Però, intanto, dentro ogni donna e ogni uomo sulla Terra crescono passioni violente, si sviluppano emozioni incontrollabili e volontà istintive. L’uomo, se anche fosse una macchina, sarebbe una macchina impazzita. Le forme degli Stati non fanno che rispecchiare questa contraddizione fondata sulla follia. Cercano di controllare le società e generano sofferenze e catastrofi.
Ma se è vero che al crollo del Moloch sovietico sono seguiti decenni di patimenti in nome di una libertà individuale improvvisata e che dunque andava solo a vantaggio dei più astuti e crudeli, è altrettanto vero che l’Occidente, pur con tutte le sue ipocrisie, finora ha vinto la sfida.
Il Capitalismo sarà anche ossessione del denaro, avarizia, egoismo, paranoia, uso di droghe, distruzione dei rapporti umani e via dicendo. Ma il Comunismo è negazione dell’individuo, adesione a modelli ottusi, falsificazione del reale, oppressione sistematica delle opposizioni.
Leggete con attenzione queste storie. In alcuni punti vi annoieranno, in altri vi impediranno di dormire. Ma alla fine vi lasceranno con l’unica speranza che resta all’umanità: quella di trovare ideali superiori in cui credere. Possibilmente, non troppo illusori. E’ probabile che all’ultima pagina vi sentiate sollevati di essere cresciuti in un mondo complicato, ma libero, ansiogeno, ma aperto a molte possibilità.
E tutto questo vi sarà stato offerto dalla Mondadori, la casa editrice che in Italia più si batte per la causa socialista.