Tutta la stanza

Un mio articolo uscito sul quotidiano Il Giornale, con piccoli tagli, mercoledì 25 luglio scorso.

Quella del festival letterario sembra essere ormai una sana abitudine consolidata nel nostro Paese. Il meccanismo è relativamente semplice: si sceglie un luogo adatto, possibilmente una vera e propria location, che abbia qualcosa di scenografico. Si imbastisce un tema, anche generico, anzi, più generico è, meglio è, così funziona come un ombrello largo sotto il quale si può far stare di tutto. Si sceglie un buon ufficio stampa perché la comunicazione al pubblico è importante e va gestita con scaltrezza, e poi si procede agli inviti: autori noti, qualche star, come gli headliner dei festival musicali, e un contorno più o meno variegato di comprimari. Voilà, les jeux son faits.
Dopodiché, per quanto lo spirito poco si sposi con la materia, e il discorso suoni basso alle orecchie degli intellettuali più fini, bisogna trovare i soldi. E qui le vie sono due: gli enti pubblici e gli sponsor. Due fonti variamente miscelabili. Senza i soldi neanche il cane muove la coda, afferma un vecchio detto popolare. Con un’eccezione, però. A quanto pare gli autori, scrittori, poeti, accademici affermati, esordienti spauriti, fauna di nicchia o da classifica, mainstreamer o di genere che siano, la coda la muovono lo stesso, volentieri, e anche le gambe. Sembra infatti che all’autore che si esibisce nei festival letterari della penisola, mai o quasi mai venga corrisposto un cachet. Eppure, tra maggio e settembre, la transumanza è imponente. Abbiamo enumerato 34 (trentaquattro) festival letterari, quest’anno, da Cagliari a Cortina, da Teramo a Mantova. Ogni città che conta ne ha uno. Anche le città che contano meno, e pure le mezze città e perfino certi paesoni. Tutti pronti a far vorticare bilanci nei quali, quasi sempre, l’autore entra solo alla voce “rimborso spese”.
“Non riconosciamo cachet agli autori che parlano di sé stessi e delle proprie passioni,” spiega Luca Nicolini, uno dei fondatori del Festival letterario che oggi vanta più tentativi di imitazione, quello di Mantova (quest’anno si terrà dal 5 al 9 settembre), con un “format” a sua volta mutuato dal fortunato festival gallese di Hay-on-Wye. Senonché, proprio dalla cittadina britannica quest’anno è partito un grido di allarme: attenzione, gli scrittori che partecipano a incontri e reading pubblici, vogliono essere pagati. Gli organizzatori di eventi si sono divisi in due scuole di pensiero. “Noi assicuriamo un gettone di presenza solo a chi fa spettacolo,” spiega Nicolini. “Dunque attori e musicisti. Per gli scrittori se ne potrebbe parlare solo se da parte loro ci fosse un impegno specifico, per esempio se lavorassero appositamente per Mantova su una conferenza, una lezione, un testo. Ma l’orientamento generale è quello di offrire solo il rimborso spese di viaggio, vitto e alloggio”. Richieste pecuniarie ne avete ricevute? “Sì, ma le abbiamo respinte e gli autori hanno partecipato lo stesso, anche se non sempre”. Ci fa il nome di chi ha detto no? “Non sarebbe elegante. Posso solo dire che è stato un famoso economista americano. Ma forse c’era di mezzo il suo agente. In alcuni casi gli agenti fungono quasi da procuratori”. Il Festival di Mantova, per la cronaca, ha un budget di un milione e mezzo di euro; meno del 15 per cento proviene da finanziamento pubblico. Ci sono 55 sponsor privati e decine di migliaia di persone che pagano il biglietto per assistere agli incontri con centinaia di autori.
Diverso il caso del Festival delle Letterature di Roma, che si tiene nella basilica di Massenzio, a partire, come dicono gli organizzatori “dal primo anno dell’era veltroniana”, cioè dal 2002 dopo Cristo. Quindici incontri tra maggio e giugno. La direttrice Maria Ida Gaeta spiega che il Comune stanzia tutti i 300mila euro, e che quasi tutti gli autori sono stranieri. “Nessun gettone di presenza,” dice Gaeta. “Eppure sono grandi pensatori della contemporaneità (quest’anno tra gli altri Scott Turow e Vikram Chandra, ndr). Il Festival collabora con le case editrici e insieme vinciamo le resistenze degli agenti. Ogni scrittore presenta un testo inedito su un tema stabilito da noi, letto in lingua originale con traduzione simultanea e accompagnamento musicale”. Partecipano dunque attori, musicisti, registi e naturalmente tecnici del suono e delle luci, tutti retribuiti. Agli autori, solo il rimborso spese “e la soddisfazione,” come commenta l’assessore alla Cultura del comune di Roma, Silvio Di Francia “di esibirsi in una cornice straordinaria, davanti a un pubblico di duemila persone. L’elemento di scambio è abbastanza palese”. Insomma, l’effetto vetrina paga più della vile moneta.
Eppure non per tutti è così. Un “piccolo” festival come Pordenonelegge (21-23 settembre 2007), con un budget di mezzo milione di euro, riconosce un compenso variabile tra i 250 e i 500 euro. “La retribuzione è giusta,” sostiene il direttore Gian Mario Villalta. “Tanto più che per alcuni scrittori la performance è parte del lavoro. Anzi, alcuni hanno innescato un sistema che permette loro di chiedere compensi lauti. Del resto, nel nostro caso la pubblicità non è neppure garantita. In compenso, altri autori non vogliono nulla, magari per motivi fiscali, o preferiscono barattare il cachet con una collocazione logistica e oraria più favorevole”. Il discorso regge, sempre che non si combinino pasticci come al festival Lib(e)ri di Teramo, dove quest’anno alcuni autori, adescati con la promessa di un piccolo compenso, si sono visti l’invito revocato senza alcuna spiegazione. Al Festival della Mente di Sarzana (La Spezia, 31 agosto-2 settembre) ci sono a disposizione 350mila euro. “Diamo un piccolo gettone di presenza,” spiega Raffaele Cardone “differenziato a seconda dell’impegno dell’autore. Il nostro ‘format’ prevede infatti una presentazione ad hoc, così come avviene per i festival ad argomento scientifico”. E a proposito di “format” originali, non si può non citare la Milanesiana, che si è conclusa il 10 luglio nel capoluogo lombardo. Decine di incontri, letture, concerti ed esibizioni teatrali con nomi della letteratura, dello spettacolo, del cinema. Chiediamo al direttore artistico Elisabetta Sgarbi come si regolino. “Come in tutti i festival: se l’autore viene per la promozione di un libro, la permanenza è a spese dell’editore o dell’organizzazione del festival; se l’artista viene chiamato appositamente per una “prestazione professionale” distinta dalla promozione di un libro in uscita (un reading, un discorso, un dialogo con un altro artista) il suo agente letterario/management può richiedere un cachet che è giusto che l’organizzazione del festival paghi”. Formula mista, dunque. E bilanci milionari. Come quello della Versiliana, la storica kermesse di Pietrasanta. Il presidente Massimiliano Simoni ci fa vedere i bilanci. Tra le voci principali di spesa, 58mila euro per la direzione artistica, 57mila per i conduttori e ben 240mila per pubblicità. E gli autori? Vengono gratis e talvolta perfino senza rimborso, pur di esserci. Sintetizza uno stakanovista del reading come lo scrittore Enrico Brizzi: “Gli autori spesso si muovono per motivi di visibilità, anche se alla fine in tasca non resta niente” . Lui adesso è in giro per l’Italia con il gruppo rock Numero 6. “Meglio suonare tanto a prezzo basso, che puntare al soldo”. E’ la promozione on the road. E naturalmente low cost.