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Duncker, il lato perverso del gotico contemporaneo
23/03/2007

Pubblico la recensione uscita oggi (23 marzo) sul quotidiano "Il Giornale":

C’è qualcosa di spiazzante in questi sette racconti di Patricia Duncker, scrittrice di lingua inglese, autrice fra l’altro dei romanzi Demoni e muse e Lo spazio mortale che ci divide, entrambi pubblicati in Italia da Neri Pozza Editore. Stessa sigla editoriale per queste Sette storie di sesso e morte (221 pagine, 15 euro, traduzione di Isabella Zani), un affare gotico nel titolo tanto quanto nelle atmosfere, e che tuttavia non deve trarre in inganno il potenziale lettore: non ci sono intrecci o situazioni facili, e tantomeno banali, in questo lavoro. Non ci sono trucchetti o compiacimenti noir. E quando anche sembra che ce ne siano, sono subordinati a un disegno superiore, una sorta di collegamento generale. Si rischierebbe di non capirci molto se non venisse a soccorso, nelle ultime pagine, un’opportuna nota dell’autrice, che modestamente consigliamo di leggere per prima cosa. “Ho concepito Sette storie come risposta letteraria ai filmacci di serie B che adoro guardare, a tarda sera, alla televisione francese”, spiega la scrittrice. E a proposito della sua scelta di narrare ogni racconto in prima persona, afferma di aver voluto spingere in campo “voci differenti, che mettessero in discussione proprio gli stereotipi che mi trovavo davanti e che sono, in larga per quanto non esclusiva misura, generati dalla cultura cinematografica americana. In Francia i cliché narrativi della televisione notturna sono: stupro, terrorismo, abusi sessuali, desideri perversi, mistero e soprannaturale; poltergeist, vampiri e alieni, serial killer, molestatori (di norma serial killer pure loro), violenza tra le mura domestiche, pornografia e stragi. In tutte queste rappresentazioni le vittime, solitamente, sono donne”. E così si parte dalla vicenda della moglie di un archeologo famoso e vanitoso, che si sente spiata da un persecutore reo di aver fatto scempio di altre donne belle e altolocate. Si passa attraverso le avventure di una prostituta d’alto bordo in un mondo futuristico di agenzie del tutto compreso (incluso l’omicidio). Si attraversano temi apocalittici come quello del trasloco di una famiglia di bigotti, con tanto di bare dei cari estinti e un grottesco incidente stradale, o uno sciopero che paralizza l’intera Francia, se non l’Europa, lasciando la protagonista a sopravvivere solitaria in uno scenario surreale. Si approda a una combinazione di liti famigliari tra vicini, vere o presunte che siano, dove il senso della realtà va completamente smarrito in una confusione mentale e linguistica dei personaggi principali. Se l’obiettivo, dichiarato, di Patricia Duncker, era quello di “disturbare e provocare”, si può dire che sia stato raggiunto. Allo stesso tempo si passano in rassegna gli stereotipi sulla sessualità e sulla violenza, obbligando chi legge a ripensarli. Ma mentiremmo se dicessimo che si tratta di una lettura facile. La tentazione dell’esercizio di stile è sempre in agguato. E a una forma raffinata, una scrittura sorvegliata, talvolta non corrisponde la limpidezza del messaggio. Di qui lo spiazzamento e anche il disorientamento, in una foresta di simboli delle paure contemporanee.